Stati limite: prospettive sulla psicopatologia borderline

L'intervento si propone di esplorare il mondo soggettivo dei pazienti con disturbo borderline di personalità, focalizzandosi sulle loro esperienze interne e sulla complessità dei vissuti emotivi e relazionali. Saranno analizzate le dinamiche di instabilità affettiva, il dolore esistenziale e la difficoltà nel gestire le relazioni interpersonali, caratteristiche centrali di questa condizione. Il contributo intende anche discutere le implicazioni terapeutiche, enfatizzando l'importanza dell'ascolto empatico e della costruzione di una relazione di fiducia, che possa accompagnare il paziente verso una maggiore consapevolezza di sé e una gestione più equilibrata delle emozioni. 

(abstract in aggiornamento)

Lo sciame borderline esprime una clinica degli stati limite in assenza di discorso. Lo sciame borderline si configura infatti come una serie di elementi che non si aggregano in un discorso. Lo sciame scaturisce da una disconnessione che produce degli effetti psicopatologici non solo sulla capacità del borderline di generare delle trame di senso, ma anche sulla capacità di regolazione delle emozioni. 
Nella cura del borderline risulta centrale poter sostenere il soggetto nella costruzione di un discorso, un discorso che sia però espressione della logica relazionale del desiderio inconscio. L’esperienza clinica mostra infatti che il borderline potrebbe anche stabilizzarsi nel discorso della perversione, trovando così una soluzione (psicopatologica) per il suo smarrimento soggettivo.
Il paziente borderline mostra una clinica degli stati limite che rimane in sospeso di fronte a due destini ben diversi: il discorso dell’inconscio e il discorso della perversione. Quando lo sciame borderline si stabilizza nel discorso dell’inconscio, vedremo comparire le questioni cliniche del desiderio; invece, se la stabilizzazione avviene nel discorso della perversione la soddisfazione del soggetto può fare a meno della dialettica con il desiderio dell’Altro. È questa una delle ragioni per cui l’incontro con il borderline ci presenta una situazione clinica che chiama in causa la nostra posizione etica e tutto ciò che, insieme ad essa, può nascere nel corso della relazione di cura.

Un modello di intervento terapeutico-riabilitativo intensivo in regime di ricovero per pazienti con patologia borderline, inserito nell'ambito di un progetto di trattamento complessivo concordato con la rete territoriale, con coinvolgimento diretto dei familiari. 

L'intervento verterà sul cosa significhi avere una diagnosi di disturbo Borderline, considerando cenni teorici che hanno portato alla scoperta di questo disturbo di personalità e alla sua diagnosi. A seguire, verrà introdotto il metodo GET (Gruppi Esperienziali Terapeutici), sviluppato dal Dott. Raffaele Visintini e la sua équipe, come possibile trattamento per la diagnosi e la cura del disturbo Borderline di personalità. Il metodo GET è un trattamento specifico ideato per pazienti che soffrono di tale disturbo basato sull’uso del gruppo come strumento terapeutico e possibile solo in un’ottica di equipe di lavoro. Sarà fornita un’introduzione al metodo, spiegando come il soggetto viva un’esperienza paritaria all’interno di un gruppo omogeneo di circa 8 persone guidate da un facilitatore (psicologo o operatore socio sanitario), attraverso 3 fasi e 4 tipi di gruppi diversi, per una durata complessiva di circa due anni e mezzo. 

Nel corso dell'intervento, verrà brevemente fornito un inquadramento del disturbo alla luce della più recente letteratura scientifica che integra l’apporto delle neuroscienze per la comprensione del disturbo e della psicopatologia. Inoltre, verranno presentati alcuni studi che valutano gli effetti clinici e neurobiologici della psicoterapia. In particolare, verrà presentata l’esperienza del progetto CLIMAMITHE che ha studiato l’efficacia della Terapia Metacognitiva Interpersonale (MIT) comparata con il trattamento clinico strutturato (SCM) sia sull’andamento clinico che sui correlati al neuroimaging e neurobiologici. 

L'intervento si concentra sull'adolescente borderline, una condizione complessa che rappresenta una sfida crescente per il management ospedaliero. Viene esplorata l'urgenza della cura in contesti di acuzie, dove l'instabilità emotiva, i comportamenti autolesionistici e la crisi identitaria richiedono interventi tempestivi e mirati. Verranno analizzate le difficoltà diagnostiche legate alla valutazione clinica dell'adolescente borderline, dato che le manifestazioni del disturbo spesso si sovrappongono ad altre problematiche psichiatriche o comportamentali. L'intervento si propone infine di riflettere sulle migliori pratiche per affrontare la condizione borderline in ospedale, migliorando così la qualità del trattamento e l'esperienza del paziente.

(abstract in aggiornamento)

Anche dopo più di 20 anni di lavoro nel settore, mi interrogo – spesso e ancora – su che cosa sia meglio fare in presenza di una persona particolarmente impulsiva, incline alle forti emozioni e, nel sentirsi ferito, proclive alla rappresaglia rabbiosa. Mi chiedo altresì – ogni volta quasi come se fosse la prima volta – in che modo ci si debba organizzare quando e qualora questa stessa persona riferisca di fare uso/abuso di sostanze psicoattive; mi chiedo, cioè, quale sia il giusto setting per quello che ritengo – in scienza e coscienza, nel qui ed ora di ogni data vicenda – il migliore degli interventi possibili. Nel corso di questi anni ho cercato il “giusto” modus operandi, ovvero quello che mi pareva maggiormente efficace, per quei pazienti in estrema difficoltà a gestire l’intensità di una affettività caratterizzata dagli alti e dai bassi che i processi di idealizzazione/svalutazione a cui sono soggetti comportano; situazioni, quest’ultime, in cui ci troviamo spesso a dover fare i conti con comportamenti distruttivi e auto-lesivi di non sempre immediata e facile gestione. È chiaro che, in tali circostanze, la nostra professione di clinici e, in particolar modo, di terapeuti diviene una sfida oltre modo significativa, financo impossibile. Tuttavia, in una fase di smarrimento e prostrazione, un individuo “sì fatto” è capacissimo di chiedere aiuto ed evocare in noi il massimo del coinvolgimento, per poi, in tempi brevi, presentarci il “conto”. Ricoveri e/o percorsi residenziali, vanno a completare un quadro di grande complessità che spesso, in qualche modo e misura, dobbiamo condividere con gli “altri significativi” presenti sul campo (colleghi di varie professionalità, famiglie, co-dipendent, ecc.). È dunque questo l’ambito relativo al mio contributo di oggi; un ambito ancora più denso di implicazioni per chi, in ottica psicoanalitica, deve perlomeno interrogarsi sui possibili significati – consci/inconsci – di quanto dinamicamente presente sulla scena clinica. 

L'intervento è teso ad esplorare i modelli attuali riconducibili alla prospettiva psicoanalitica relativi alla descrizione clinica, valutazione e trattamento della patologia borderline, anche in un confronto serrato con la concezione più strettamente psichiatrico che tende a comprenderla come un disturbo di personalità specifico.