Emozioni di vita ed emozioni di morte in psicoterapia

Il lavoro emotivo in seduta

Ciclo di incontri
 

Il lavoro con e sulle emozioni è un aspetto centrale di qualsiasi psicoterapia.

Le emozioni elicitate nella relazione terapeutica indirizzano non solo le sedute, ma possono essere un elemento essenziale per formulare una corretta diagnosi e per attuare una presa in carico efficace, che consideri i diversi aspetti che possono emergere dal modo in cui il paziente vive le proprie emozioni, come può essere la capacità di riconoscerle in sè e negli altri, il modo di reagire, la capacità di mentalizzarle e di integrarle, il modo di viverle nel corpo.

 

PROGRAMMA

Gianni Francesetti e Paola Zarini - Le cose ghiacciano, si stringono fino al midollo

Sonia Di Caro - La psicoterapia del distacco: il trattamento del lutto e delle perdite in terapia relazionale

Franco Baldoni Mentalizzazione e regolazione delle emozioni in psicoterapia. L'importanza della relazione

Piero Porcelli - Self-in-context: emozioni e alexithymia nella clinica psicosomatica

Gabriele Cassullo - Il problema dell'intreccio vitamorte: come distinguere il mortifero e il vitale in terapia

Alessandro Raggi Nel regno di Thanatos: il confronto con la morte nei Disturbi alimentari

Alessandra Bramante - Quando la gioia della vita si scontra con il dolore della morte: il lutto in perinatale

Luigi Cancrini - Il paziente terminale e la sua famiglia: 60 anni di vita e di attività come persona, come medico e come psicoterapeuta

Diana Fosha - Dalla morte alla vitalità: Risolvere la crisi una trasformazione alla volta

Programma
Modulo
1
Le cose ghiacciano, si stringono fino al midollo | Gianni Francesetti e Paola Zarini

In una prospettiva di campo fenomenologico-gestaltica le emozioni non sono intese come fenomeni intrapsichici e privati, successivamente espressi, comunicati e condivisi. In questo paradigma le emozioni sono fenomeni che emergono da una dimensione non solo preriflessiva, ma anche pre-dualistica, antecedente la separazione fra soggetto e mondo: le loro radici patiche affondano in un terreno che non appartiene né solo al paziente né solo al terapeuta. Questi, nel loro incontrarsi, si trovano – già immediatamente e atmosfericamente - sbalzati in paesaggi che ‘patiscono’, alle cui forze, cioè, sono soggetti. Queste forze sono le tensioni intrinseche del campo – le intenzionalità – e producono effetti corporei, sensoriali, affettivi, emozionali, cognitivi. Questi paesaggi hanno specifiche qualità spaziali e temporali, confini, corporeità, gradi di esistenza, spinte verso - o via da - la vita, la morte, il contatto. Il terapeuta utilizza la propria competenza estetica, sensoriale e emozionale, per cogliere le forze in campo e orientare la propria presenza terapeutica e i propri interventi. Attraverso la presentazione di un caso clinico esploreremo come questa concettualizzazione dell’incontro terapeutico possa contribuire ai processi di cambiamento e di creazione di un mondo comune.

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Docente
Gianni Francesetti
Paola Zarini
Durata Modulo
2h 30m
Modulo
2
La psicoterapia del distacco: il trattamento del lutto e delle perdite in terapia relazionale | Sonia Di Caro

La tematica del lutto in terapia è una tematica sempre particolarmente difficile da affrontare per diverse ragioni: la quota emozionale in stanza di terapia è molto alta e non risultano in alcun modo utili le razionalizzazioni, il terapeuta può sentirsi bloccato dalla impossibilità di provocare sollievo ad una famiglia che ha perso in maniera imprevista e traumatica un proprio congiunto o deve fare i conti con i propri lutti, l’ascolto della sofferenza da solo non basta.

Il terapeuta deve dunque essere ben formato al fine di poter lavorare con un individuo, una coppia o una famiglia che abbiano subito una perdita e che a lui fanno una richiesta di aiuto. Il terapeuta dovrà conoscere gli aspetti teorici sull’argomento e gli strumenti che possono aiutare a raggiungere l’obiettivo di una sana elaborazione del lutto e la possibilità di ricominciare con il proprio progetto di vita.

La lezione proposta avrà dunque l’obiettivo di mostrare ai partecipanti alcune delle basi teoriche del lavoro sul lutto e, attraverso la narrazione di alcuni casi clinici, rendere evidenti le tecniche che possono aiutare il terapeuta a lavorare su questa tematica con i propri pazienti.

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Docente
Sonia Di Caro
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
3
Mentalizzazione e regolazione delle emozioni in psicoterapia. L'importanza della relazione | Franco Baldoni

Il concetto di mentalizzazione si riferisce al processo mentale attraverso cui un individuo interpreta, implicitamente ed esplicitamente, le azioni proprie e degli altri come aventi un significato sulla base di stati mentali intenzionali come i desideri, i bisogni, i sentimenti, le credenze e le motivazioni personali (Bateman e Fonagy 2004). Queste facoltà si acquisiscono nell’ambito delle prime relazioni di attaccamento e sono fondamentali per l’organizzazione del Sé, il controllo degli stati affettivi e la conseguente regolazione psicosomatica (Baldoni 2010).

Le capacità riflessive (di mentalizzazione) sono alla base dell’empatia (cioè della consapevolezza e condivisione degli stati mentali dell’altro) e permettono di andare al di là dell’atteggiamento esteriore per arrivare a cogliere lo stato psicologico che ha motivato un determinato modo di agire. In assenza di queste funzioni, quindi, il proprio comportamento e quello degli altri rimangono poco significativi. La mentalizzazione favorisce la rappresentazione psicologica e la simbolizzazione del proprio stato interiore ed è quindi determinante per la regolazione e il controllo degli affetti e degli impulsi (compresi gli stati fisiologici ad essi correlati), l’automonitoraggio (il riflettere sul proprio comportamento) e l’esperienza di self-agency (il riconoscersi come protagonista delle proprie azioni).

La mentalizzazione può essere studiata non solo come una capacità individuale, ma anche, in una prospettiva sistemica, come la manifestazione di un sistema di relazioni. In psicoterapia le affermazioni riflessive costituiscono un indice della disponibilità a sviluppare un’alleanza terapeutica, a elaborare i problemi e ad affrontare i cambiamenti. Una procedura che valuta le capacità riflessive manifestate da pazienti e clinici all’interno di un trattamento è il Mentalization Assessment in Psychotherapy (MAP) (Baldoni, 2007, 2011), che si avvale della analisi della comunicazione verbale come risulta dalla trascrizione della registrazione audiovisiva della seduta.

Il paradigma dell’attaccamento e i costrutti di mentalizzazione e funzione riflessiva si rivelano particolarmente utili per il trattamento dei pazienti affetti da disturbi di personalità. In questi casi è fondamentale che il terapeuta, offrendosi come base sicura, svolga una funzione riflessiva facendo percepire all’altro che sta riflettendo su di lui considerandolo in termini di stati mentali. Nei malati più gravi, questo atteggiamento riflessivo è più importante dell’interpretazione. Il paziente, rispecchiandosi nel pensiero del terapeuta, può riconoscere i propri processi mentali raggiungendo un maggiore livello di consapevolezza e sviluppando a sua volta una migliore capacità riflessiva. Il concetto di mentalizzazione offre, quindi, una chiave di lettura dei processi psicoterapeutici e apre nuove prospettive nella terapia dei pazienti che manifestano disturbi di strutturazione del sé, aggressività patologica e difficoltà empatiche (disturbi di personalità, pazienti antisociali e violenti, soggetti alessitimici).

I risultati degli studi evidence-based hanno confermato che diversi modelli di psicoterapia producono risultati ampiamente positivi, ma nessuna tecnica psicoterapeutica ha dimostrato una particolare superiorità rispetto alle altre (Baldoni e Campailla 2017). Nonostante i limiti metodologici e la variabilità delle dimensioni indagate, le ricerche hanno evidenziato che la sicurezza dell’attaccamento del terapeuta e le capacità di mentalizzazione manifestate nei confronti del paziente influenzano positivamente la qualità della relazione, il processo terapeutico e l’esito della cura.

I fattori che influenzano maggiormente l’efficacia delle psicoterapie sono relativi ad alcune caratteristiche tipicamente umane, definite da Bruce Wampold (2012) la “componente umanistica” della psicoterapia) tra cui la tendenza ad attribuire un significato al mondo (attraverso l’interpretazione, la spiegazione, l’attribuzione di un nesso causale, la mentalizzazione di Sé e degli altri, l’organizzazione dell’esperienza in forma di narrazione).

Gli studenti delle scuole di psicoterapia dovrebbero essere informati e formati sull’importanza della qualità della relazione terapeutica nella relazione clinica e delle capacità di mentalizzazione manifestate ne confronti dei loro pazienti.

La cura del paziente richiede infatti al clinico di sviluppare alcune funzioni psicologiche e capacità relazionali fondamentali per il buon andamento della relazione terapeutica (Baldoni, 2022): Tra queste:

1) sapere riflettere sui propri stati mentali e su quelli del paziente valutando il loro significato all’interno della relazione (mentalizzazione) e riconoscere ed elaborare le esperienze emotive controtransferiali e transferiali (sia proprie che del paziente);

2) regolare e manifestare adeguatamente le emozioni (particolarmente, l’ansia, la rabbia, la paura e l’eccitazione sessuale) e comportarsi in modo sufficientemente spontaneo e sincero;

3) sapere essere presente nella relazione terapeutica. Cioè portare tutto se stessi nella relazione con il paziente a diversi livelli: fisico emotivo, cognitivo relazionale e spirituale. Questo comporta, come ha sostenuto Rogers (1961), il sentirsi profondamente e autenticamente immersi nel dolore e sofferenza del paziente ed essere empatico (compassionately) al servizio del suo benessere e del processo di cura.

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Docente
Franco Baldoni
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
4
Self-in-context: emozioni e alexithymia nella clinica psicosomatica | Piero Porcelli

Le neuroscienze affettive stanno evidenziando la stretta connessione fra origine somatica delle emozioni, elaborazione cognitiva e relazioni con il mondo esterno. Il punto di convergenza con la clinica psicosomatica è dato dall’idea che il nostro modo di vivere le emozioni è costituito da “due facce di una stessa medaglia neurale”, come afferma Panksepp. Una è costituita dall’aspetto biologico, autonomico e motorio delle emotions, largamente dominato dai sistemi neurali hard-wired e dalle connessioni con i sistemi biologici. L’altra faccia è costituita dall’aspetto vissuto, cognitivo e appreso dei feelings, largamente determinato da fattori di personalità, autobiografici, culturali e psicosociali. Se i mammiferi tutti (inclusi i sapiens) non possono non sentire le spinte motivazionali delle emozioni quando vengono attivati i relativi circuiti cerebrali, i sapiens percepiscono le proprie emozioni e il proprio corpo in base alle rappresentazioni autobiografiche di sé. La Teoria del Codice Multiplo di W.Bucci e il modello di Damasio sono alcuni dei modelli teorici che spiegano le varie modalità di relazione fra aspetti neurobiologici e psicologici delle rappresentazioni affettive. Il self-in-context è un modello proposto recentemente per indicare l’insieme di rappresentazioni che da un lato mettono in connessione stati emotivi di piacere/dolore con il contesto esterno, soprattutto interpersonale, e dall’altro estendono temporalmente il sé nel passato e nel futuro grazie al funzionamento predittivo del cervello (predictive processing). In questo senso, l’alexithymia è concepipta come una dimensione di personalità che determina un particolare modo di vivere gli stati emotivi in cui emotions e feelings vengono separati e sono vissuti in modo dissociato. Tale alterazione nell’elaborazione cognitiva degli stati emotivi (o disregolazione emotiva) marca la differenza inter-individuale di pazienti con patologie mediche, indipendentemente dalla natura organica o funzionale della patologia somatica, ed è considerata un tratto sovra-ordinato e trans-diagnostico nella classificazione HiTOP. La diversa elaborazione degli stati emotivi e le caratteristiche alessitimiche del paziente determinano non solo il modo in cui la patologia viene vissuta e raccontata ma anche le scelte nella gestione della psicoterapia. Una delle difficoltà nella psicoterapia dei pazienti con patologie mediche è infatti costituita dalla difficoltà di applicare protocolli predefiniti e dalla necessità quindi di rendere molto flessibile l’approccio terapeutico. Verranno esaminati casi clinici di trattamento psicoterapeutico di lungo e breve periodo con pazienti affetti da diverse patologie somatiche (oncologia, ginecologia, internistica, gastroenterologia).

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Docente
Piero Porcelli
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
5
Il problema dell'intreccio vitamorte: come distinguere il mortifero e il vitale in terapia | Gabriele Cassullo

Vi sono condotte umane rispetto alle quali non è semplice distinguere aspetti mortiferi ed aspetti vitali. Secondo la teoria del campo analitico di José Bleger, poi sviluppata in Italia da Francesco Corrao e Antonino Ferro, ciò avviene perché questa area esperienziale si colloca prima della demarcazione fra ciò che è piacevole e ciò che è doloroso, fra ciò che è buono e ciò che è cattivo, fra emozioni di vita ed emozioni di morte. E', questa, l'area dell'intreccio vitamorte, un'area esperienziale che in questa lezione esploreremo con l'ausilio di esemplificazioni cliniche.

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Docente
Gabriele Cassullo
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
6
Nel regno di Thanatos: il confronto con la morte nei Disturbi alimentari | Alessandro Raggi
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Docente
Alessandro Raggi
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
7
Quando la gioia della vita si scontra con il dolore della morte: il lutto in perinatale | Alessandra Bramante
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Docente
Alessandra Bramante
Durata Modulo
2h 00m
Modulo
8
Il paziente terminale e la sua famiglia: 60 anni di vita e di attività come persona, come medico e come psicoterapeuta | Luigi Cancrini
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Docente
Luigi Cancrini
Durata Modulo
3h 00m
Modulo
9
Dalla morte alla vitalità: Risolvere la crisi una trasformazione alla volta | Diana Fosha

Oltre alla sofferenza, la psicopatologia porta con sé una crisi energetica: si riduce la sfera della vita vissuta con gioia, si esaurisce la capacità di iniziativa e si restringe sempre più la vita interiore ed esteriore degli individui afflitti (tutti noi a momenti, alcuni di noi quando i momenti si trasformano in schemi e solchi). Un obiettivo fondamentale dell'AEDP, oltre a migliorare i sintomi e ad alleviare la sofferenza, è quello di ripristinare la vitalità e l'energia. Sono il carburante per la vita.

L'AEDP, uno degli approcci in più rapida crescita per lavorare con il trauma da attaccamento, si basa sulla ricerca emergente sulle neuroscienze affettive, sulla teoria dell'attaccamento e sulla neuroplasticità positiva. L'AEDP rettifica il pregiudizio verso la patologia così prevalente nel nostro campo: basandosi sulla nostra naturale resilienza, la sua terapia si basa sulle nostre capacità innate di guarigione, comprese le capacità innate di guarigione della connessione profonda. Unica nel suo modo intimo, momento per momento, di lavorare al limite trasformativo dell'esperienza relazionale, l'AEDP enfatizza la co-creazione esperienziale della sicurezza: con l'accompagnamento, i pazienti possono rischiare di rivisitare traumi e sofferenze del passato. La guarigione e la neuroplasticità vengono messe in moto attraverso la piena sperimentazione di emozioni precedentemente temute in una relazione sicura e attraverso un'attenzione dolce, ma focalizzata ed esplicita, all'esperienza di guarigione all'interno della relazione paziente-terapeuta.

Videotape di sessioni cliniche reali illustreranno specifiche strategie di intervento dell'AEDP per lavorare in modo esplicito, diadico ed esperienziale con intense emozioni traumatiche irrisolte in un modo che trasforma la sofferenza in benessere, la contrazione può essere invertita dal punto di vista motivazionale, e si può ottenere un riorientamento verso la crescita. L'elaborazione delle emozioni del trauma libera le risorse di adattamento in esse contenute; tuttavia, l'esplorazione dell'esperienza di trasformazione attiva una spirale trasformativa non lineare e non finita.

Elaborando sia le esperienze emotive traumatiche che quelle riparative, fino al cruciale passaggio energetico/affettivo/somatico dall'energia e dagli affetti negativi a quelli positivi, il processo AEDP culmina nella vitalità, nell'energia e nelle spirali non finite di resilienza, benessere e creatività alimentate dalle emozioni positive che sono così altamente correlate alla salute.

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Docente
Diana Fosha
Durata Modulo
3h 00m
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