Dipendenze Affettive e Violenza di Genere

Le dipendenze affettive si creano e mantengono le loro caratteristiche e dinamiche disfunzionali e distruttive spesso all'interno di relazioni con partner che esprimono aspetti, tratti o disturbi di tipo narcisistico, fino a sfociare nei casi più gravi e invalidanti in maltrattamenti e violenze; è molto importante dunque cercare di capire perché e come, con il fine ultimo di aiutare a rompere i circoli viziosi di chi ne soffre e imparare invece a stabilire rapporti sani e costruttivi.

La violenza nelle relazioni affettive è un fenomeno complesso e spesso radicato in dinamiche di potere e controllo. Il webinar si propone di esaminare da vicino il comportamento degli uomini autori di violenza nelle relazioni affettive, offrendo un'analisi approfondita delle loro motivazioni, modelli comportamentali e impatto sulle vittime.

Questo intervento esaminerà l'area controversa della "dipendenza amorosa", esaminando la ricerca che ho condotto negli ultimi anni e valutando la misura in cui la "dipendenza amorosa" esiste effettivamente. L'intervento illustra anche il mio "modello delle componenti della dipendenza" in relazione alla dipendenza amorosa e come è stato utilizzato per sviluppare il Love Addiction Inventory e come viene utilizzato per valutare il rischio di dipendenza amorosa. Il fatto che la dipendenza da amore esista o meno dipende dalla definizione di "dipendenza" utilizzata.

Prima parte

1. I concetti e le norme fondamentali. Cosa si intende per violenza di genere e violenza di prossimità;
2. Il bene giuridico tutelato: l’autodeterminazione di genere nelle relazioni di prossimità;
3. I principali reati di genere e riferimenti normativi: Delitti di violenza sessuale (artt. 609 bis e ss. c.p.); Delitti relazionali di maltrattamenti (art. 572 c.p.) e atti persecutori (art. 612 bis c.p.). 

Seconda parte
4. Tutela della vittima di genere nella formazione della prova: acquisizione anticipata della prova con il c.d. incidente probatorio atipico o speciale; L’ascolto della vittima di genere (minorenne e maggiorenne);
5. La tutela cautelare: divieto di avvicinamento alla persona offesa;
6. La valutazione del rischio di recidiva: tabella per l’individuazione del rischio di recidiva e di escalation nella violenza di genere;
7. La violenza invisibile nelle relazioni familiari tra pregiudizi e stereotipi giudiziari;
8. La tutela civilistica della vittima di violenza di genere: le novità della riforma Cartabia a tutela della vittima di violenza diretta e indiretta.

Secondo i dati dell’Onu, a livello mondiale, 603 milioni di donne vivono in paesi in cui la violenza domestica non viene considerata un crimine. Ciò anche se, le stime pubblicate dall'OMS, indicano che a livello globale circa 1 donna su 3 (30%) in tutto il mondo ha subìto violenza fisica e/o sessuale da parte del partner o violenza sessuale da parte di terzi nel corso della propria vita.

Anche se si pensa che la gravidanza protegga da violenza e maltrattamenti, sappiamo che la gravidanza, rendendo la donna più vulnerabile, può essere vissuta dal partner come opportunità per affermare più agevolmente controllo e potere sulla donna. Scopo del mio intervento è quello di descrivere il fenomeno della violenza domestica in gravidanza e fornire alcuni spunti di lavoro al fine di riconoscere tale fenomeno per poter aiutare le donne che ne sono vittime. 

La dipendenza affettiva (DA) e il disturbo ossessivo-compulsivo da relazione (DOCR) costituiscono due condizioni di rilevante interesse clinico, che si presentano sempre più frequentemente nella casistica dei professionisti della salute mentale; ma soprattutto la DA presenta inquadramenti e concettualizzazioni non del tutto accettate e condivise nei manuali diagnostici e nelle teorizzazioni degli esperti. Inoltre, si manifestano con aspetti in parte sovrapponibili e apparentemente simili. Ciò non facilita l’elaborazione di adeguati interventi efficaci e fondati empiricamente. Nella relazione verranno definiti in modo preciso criteri e fenomenologia di DA e DOCR, mostrandone le caratteristiche che li distinguono fra loro e anche dal disturbo dipendente di personalità, allo scopo di facilitare la diagnosi differenziale e quindi progettare interventi mirati e specifici per ogni quadro psicopatologico.

Il Modello Schema Therapy è un approccio integrato di psicoterapia che combina tecniche e modelli cognitivi, comportamentali, psicodinamici, teoria dell’attaccamento, ecc., (Young et al., 2003), che fu sviluppato dallo psichiatra e psicoterapeuta Jeffrey Young come un trattamento per pazienti affetti da Disturbi di Personalità e altre tipologie di disturbi difficili da trattare, che spesso manifestavano scarsi risultati in altre forme di terapia (Young, 1999; Young et al., 2003). All’interno dei contesti forensi di tutto il mondo i Disturbi di Personalità rappresentano la psicopatologia maggiormente diffusa. (De Ruiter, & Greeven, 2000; Hildebrand & De ruiter, 2004; Leue, Borchard, & Hoyer, 2004; Rasmussen, Storsaeter, & Levander, 1999; Timmerman & Emmelkamp, 2001). Il Disturbo Antisociale di Personalità si riscontra in una percentuale che raggiunge più dell’80 % degli individui collocati all’interno di carceri o istituti penitenziari. La letteratura scientifica recente suggerisce che gli approcci terapeutici cognitivo-comportamentali non sono efficaci con i pazienti forensi con disturbi di personalità gravi (Timmerman & Emmelkamp, 2005). La SFT fornisce un’alternativa più efficace per questi pazienti. I pazienti con Disturbi di Personalità gravi passano rapidamente da uno stato emotivo all’altro, rendendo particolarmente difficile per i loro terapeuti sapere come orientare i loro interventi terapeutici. I risultati relativi agli SCHEMA MODES dimostrano che i triggers emotivi rappresentano spesso il fattore precipitante del comportamento violento e criminale e che questo comportamento può essere spiegato attraverso un dispiegarsi di sequenze di Schema Modes. Il collegamento tra il comportamento criminale e gli Schema Modes potrebbe essere incluso nei programmi specifici rivolti agli autori di reato, con l’obiettivo di chiarire il modello di reato di un paziente. Nella ricerca futura, verrà ulteriormente testata l’ipotesi che riducendo gli schema modes maladattivi di un gruppo di pazienti sia possibile giungere ad un rischio di recidiva inferiore.